La partita “turbata” nel capo “b” è Udinese-Brescia 1-2 del 26.09.2004 con arbitro Dattilo. Il collegio giudicante ha ravvisato la frode sportiva. L’accusa, che faceva rientrare l’arbitro calabrese nella cerchia degli “svizzeri” (possessore di sim), giustifica l’incolpazione con l’arbitraggio del match, dove ci sarebbero state tre ammonizioni “dolose” (mirate) di tre calciatori dell’Udinese diffidati (e che avrebbero saltato il match successivo proprio contro la Juventus) e un’espulsione “dolosa”, quella di Jankulovski. Per giustificare il “dolo” si portano come prova delle telefonate fatte da Moggi a Baldas per salvarlo dal moviolone di Biscardi (non ridete!), fatto questo che farebbe pensare ad un “interesse” di Moggi nel salvarlo.
Veniamo alle motivazioni. Viene scritto senza giri di parole che Auricchio (citato e di fatto per questo bacchettato) ha preso un abbaglio, ricordando quanto emerso in dibattimento ovvero che i tre giocatori non fossero affatto diffidati, tanto che giocarono il match con la Juventus e che l’espulsione “dolosa” fu in realtà non solo sacrosanta (pugno in faccia all’avversario), ma addirittura avvenuta su segnalazione dell’assistente Camerota, dato che Dattilo neanche aveva visto l’episodio. Ciò nonostante, si dice, è sufficiente, per ravvisare la frode, la somma di due elementi: 1) il possesso e l’uso di sim svizzera (telefonate “clandestine”) con Moggi e 2) il citato dialogo di Moggi con terze persone nel quale si può presumere l’intenzione di aver voluto condizionare l’arbitro. In tali conversazioni (italiane), riassumo brevemente, Moggi chiede sostanzialmente all’ex designatore Baldas di “salvare” Dattilo (una volta è per l’arbitraggio di Livorno-Chievo, turno precedente) e si mostra interessato al giudizio che avrebbe complessivamente espresso sul “ragazzo”. Alla fine, nonostante arriverà ugualmente la penalizzazione in punti (ricorderete: la patente a punti degli arbitri) da parte di Baldas, Moggi dirà “Comunque è una cosa giusta, dai su! E’ meglio fare le cose giuste che le cose sbagliate” accettando la decisione contraria al suo desiderio (è citata, la telefonata, compreso questo passaggio).
Ma tutto ciò al collegio non importa. Bastano le telefonate (presunte ma assunte per certe: decisiva appare una telefonata effettuata alla moglie col cell. italiano) su sim svizzera tra l’arbitro e Moggi sommate all’atteggiamento di difesa verso l’arbitro di Moggi con Baldas per far convincere il collegio giudicante che il diggì bianconero fosse “interessato” poichè aveva “condizionato” l’arbitraggio o poteva condizionare partite future del “suo” arbitro amico. Si dice: il solo fatto di poter parlare su svizzera è idoneo a creare un’ “influenza generica” poichè vi è l’ “astratta idoneità” a dare indicazioni fraudolente/influenzare. Ciò, sommato con le telefonate italiane, giustifica la frode (basta il tentativo di voler condizionare una partita: non è necessario farlo realmente).
Considerazioni: 1. L’accusa ha svolto tutto un lavoro giudicato, oltre che sbagliato, inutile. 2. Tutte le critiche piovute verso Dattilo quella settimana avvennero non per un fatto che oggettivamente poteva aver avvantaggiato Moggi e/o la Juventus (vedi diffide, espulsioni, ecc), ma perchè – nonostante il portiere dell’Udinese fosse rimasto a terra a seguito di un contatto in area con un attaccante – l’arbitro aveva concesso il vantaggio permettendo a Mannini del Brescia di realizzare il gol vittoria a porta vuota. Fatto questo che, oggettivamente, era irrilevante sia per la Juventus (che non lottava contro l’Udinese, nè contro il Brescia) che per Moggi. E non sufficientemente messo in evidenza. 3. L’arbitraggio di Dattilo non ha favorito la Juventus, completamente estranea dalla vincenda e non avvantaggiata nè direttamente nè indirettamente da essa. 4. Moggi si adopera per cercare di difendere Dattilo dal giudizio di Baldas (senza riuscirci), ma – pur essendo sodale di Bergamo e Pairetto – non riesce nemmeno a evitare da parte di entrambi una “bocciatura” del suo arbitraggio: nella rubrica che i due scrivevano per la Gazzetta dello Sport, infatti, si legge: “In questa circostanza, l’arbitro (Dattilo; ndr) ed il suo assistente non hanno rispettato il Regolamento”. Per essere “amico”, non è poi stato trattato benissimo.
Se, per completare l’analisi, si fa un confronto con la motivazione della sentenza De Gregorio nel rito abbreviato, dove per la stessa partita è stato condannato Giraudo, si può giungere a riflessioni a mio avviso interessanti. Innanzitutto la più clamorosa: la sim svizzera attribuita a Dattilo, per De Gregorio (ma anche per Di Laroni: cfr deposizione 10.11.2009 e specchietti dei Carabinieri), si sarebbe attivata “solo” nel novembre 2004, quindi due mesi dopo la partita (nessuna telefonata in prossimità di quella gara). Seconda riflessione: per De Gregorio, l’espulsione di Jankulovski fu “la risposta” di Dattilo alle “sollecitazioni” ricevute da Moggi (e auspicate da Giraudo) di “dimezzargli la squadra” (auspicio fatto dopo la fine della partita, non prima, e che si riferiva ad una rissa scoppiata a fine partita negli spogliatoi a seguito del gesto antisportivo dei giocatori del Brescia: per la cronaca, nessuno squalificato causa referto di Dattilo. Evidentemente scemo). Per la Casoria, invece, è nero su bianco come fu un’espulsione sacrosanta e tra l’altro sanzionata dall’assistente. Altra differenza: Giraudo è condannato perchè il 21 settembre, a casa sua, si svolse una “cena” dove per l’accusa si parlò delle griglie della settimana successiva, e dove sempre secondo l’accusa venne fuori (anche) il nome di Dattilo da inserire nella griglia di Udinese-Brescia.
Chiudo: incrociando le due cose, e ricordando come Giraudo in realtà non avesse sim svizzere, ad uscirne notevolmente “alleggerito” è l’ex AD bianconero, visto che non vi è “macchia” provata nell’arbitraggio fraudolento di Dattilo (a differenza di quanto sostiene De Gregorio), visto che il “dimezzamento” auspicato a posteriori da Giraudo non si è verificato, visto che l’espulsione invece avvenuta e a quell’espressione collegata dal giudice è provato essere stata giusta e, infine, visto che è chiarito come i sorteggi furono regolari. Resta una cena. Troppo poco, per coinvolgere anche lui in una frode. Su Moggi: bisognerà lavorare per cercare di smontare il giudizio dei giudici per cui l’arbitro fosse un “moggiano” (ovvero: dimostrare Moggi non avesse interessi particolari per “salvare” Dattilo). C’è solo quello che regge in piedi tutto. Anche in questo caso appare molto molto poco, ma così è.