E’ stato un pomeriggio molto movimentato, con un susseguirsi frenetico di notizie, quindi vediamo di fare un piccolo “sunto” e riordinare le idee.
Nell’udienza odierna è stato ascoltato, fra gli altri, l’ex assistente arbitrale (guardalinee, ndr) Rosario Coppola, bancario salernitano che ha svolto il suo ruolo fino al 2002 (più tardi capiremo perchè). Ma facciamo prima un passo indietro e torniamo con la mente all’estate del 2006. Torniamo ai giorni in cui l’allora capo dell’ufficio inchieste Francesco Saverio Borrelli invitò chiunque sapesse qualcosa a collaborare per fare luce sul “sistema Moggi” per spiegare agli investigatori come esso funzionasse. E’ allora che il sig. Coppola decide di presentarsi spontaneamente dai Carabinieri di Roma allo scopo di illustrare il sistema di raccomandazioni e segnalazioni che avrebbe visto protagoniste, a suo dire, tutte le società di calcio a cominciare dalle più blasonate.
Torniamo all’udienza di oggi, a Napoli: interrogato dal P.M. Stefano Capuano, Coppola ha iniziato sostentendo che Gennaro Mazzei, l’allora designatore degli assistenti di linea (anche lui indagato nel processo per frode sportiva), fosse solo un “prestanome” e che di fatto anche le designazioni dei guardalinee “le facevano Bergamo e Pairetto”. Poi ha parlato di“raccomandazioni e segnalazioni che provenivano dall’esterno, come questori e preti, e da parte delle società”. Dal canto loro i guardalinee facevano di tutto “per farsi raccomandare da dirigenti” e ciò “per avere visibilità e entrare in un certo giro”. Per il testimone “tutte le società chiedevano piaceri, soprattutto certe società che avevano un peso maggiore”.
Quando è stato invitato a riferire qualche episodio specifico, Coppola ha citato un unico caso, la squalifica inflitta a Cordoba per una gomitata al calciatore del Venezia Stefano Bettarini. La partita a cui si riferisce Coppola è il match del 16 settembre 2001. Coppola riferisce di una chiamata di Mazzei che lo avvisava: «Mi disse: “Ti chiameranno quelli della Disciplinare, perché l’Inter ha fatto reclamo e s’è lamentata. Per loro è una sbracciata e non un pugno, è una società importante, mi disse…”. Io non volli cambiare la mia versione dei fatti. Cambiare cioè il mio referto che parlava di un pugno (Cordoba a Bettarini) in una sbracciata per far ridurre la squalifica. Mi rifiutai e le conseguenze per me furono quelle esposte: la Serie A non l’ho più vista».
Avrebbe inoltre dichiarato che in quella partita, Inter-Venezia del 2001, Facchetti entrò nello spogliatoio della terna arbitrale tra il primo e il secondo tempo.
L’ex assistente si è poi soffermato sulla posizione dell’ex dirigente del Milan per il settore arbitri Leonardo Meani, più volte tirato in ballo nel processo di Napoli, come abbiamo potuto documentare. Ha ricordato che questi era molto conosciuto nel loro ambiente: “Un pò tutti gli assistenti si rivolgevano a Meani”, ha detto (ma questo aspetto lo approfondiremo in seguito).
A questo punto, giustamente, l’avv. Vigoriti (avvocato dello Stato), stizzito, chiede al Coppola come mai non avesse parlato dell’episodio di Cordoba ai Carabinieri, nel 2006. Ed è allora che è arrivata la “bordata” che ha infuocato la giornata. Non uso virgolettati perchè la dichiarazione è molto pesante, e non ho ancora un riscontro audio, ma secondo tutti i media il Coppola avrebbe replicato come egli invece l’avesse riferita, ma che gli investigatori non l’avrebbero verbalizzata perchè “l’argomento non era interessante“, gli avrebbero spiegato, in quanto non era una vicenda che risultava dalle indagini svolte e dalle intercettazioni telefoniche. L’Inter insomma non compariva nelle intercettazioni telefoniche, quindi episodi riguardanti la squadra nerazzurra non furono presi in considerazione.
L’avvocato di Luciano Moggi, Maurilio Pioreschi, a questo punto esplode basito: «E’ vergognoso veder che degli ufficiali dei Carabinieri omettano di verbalizzare un circostanza del genere. E con la deposizione di Coppola abbiamo avuto l’ulteriore dimostrazione che era già emersa da altre testimonianze, che in questa indagine e poi nel processo c’era un solo obiettivo quello di colpire la Juventus e Moggi». Si riferisce, come già documentato, alle dichiarazioni di Manfredi Martino. Anche lui, infatti, sostenne che i Carabinieri omisero di verbalizzare la sua accusa (due partite in cui gli fu chiesto di alterare il sorteggio) e che, durante la quasi dozzina di interrogatori cui fu sottoposto, l’atteggiamento dei Carabinieri non fosse stato tanto quello di accertare la verità, quanto – partendo dal presupposto che il sorteggio fosse truccato, pur non avendo riscontri certi – quello di chiedere allo stesso Martino come fosse possibile farlo.
Ancora una volta perciò emerge all’interno del processo una anomalia, prontamente segnalata dagli avvocati difensori di Luciano Moggi. E ancora una volta i veri dubbi di Calciopoli non riguardano l’operato di Moggi, ma di chi ha condotto, nel 2006, queste indagini. Dubbi che verranno eventualmente chiariti nelle prossime udienze. Il processo riprenderà il 15 dicembre prossimo: in aula dovrebbe testimoniare l’ex presidente della Federazione Franco Carraro, che già in precedenza non si era presentato.