Iniziamo questa seconda parte con la domanda che forse tutti finora si sono chiesti. La pone l’avv. Silvia Morescanti, difesa Mariano Fabiani. «Senta, è giusto identificare questa rete di telefonini stranieri – nel caso di specie questa rete svizzera – come rete segreta, come rete di telefonate non intercettabili?».
Credo sia la domanda che tutti un pò ci siamo posti, quindi ne approfittiamo per chiarirlo una volta per tutte. Dopo l’opposizione (respinta) del Pm Narducci, il De Falco ha potuto spiegare come, quando si parla di rete, in realtà il cellulare altro non sia che parte della stessa rete. Questo significa che ogni volta che accendiamo il cellulare, tutti possono sapere dov’è. Immediatamente, per essere più tecnici, la cosiddetta MSC (stazione di controllo master) vede il nostro telefonino acceso, va a controllare se è nel proprio database e – in caso negativo – va a chiedere ad eventuale gestore estero (se parliamo di sim straniere) se l’usufruitore abbia credito, e se quindi permettergli o meno di telefonare. Questo avviene perciò contestualmente all’accensione del telefonino, prima ancora che si effettui una telefonata. Tali sim svizzere non sono perciò segrete per niente.
Quanto al fatto della intercettabilità, inoltre, tecnicamente senza ombra di dubbio qualsiasi tipo di telefonino lo è, sia con sim italiana che estera.
A questo proposito è doveroso, già che ci siamo, aprire una parentesi. Se infatti è pacifico che fossero tecnicamente intercettabili, chiariamoci anche un altro dubbio. Potevano i Carabinieri farlo? La risposta, secca e senza possibilità di smentita, è sì. Non solo: l’hanno pure fatto. Hanno intercettato una sim svizzera attribuita a Moggi, una attribuita a Pairetto e una attribuita a Bergamo. Ma iniziamo dalla motivazione sul perchè possano. Cito l’avv. Maurilio Prioreschi, intervenuto tempo fa in una trasmissione radio a chiarire la questione: «E’ chiaro che in teoria ci vorrebbe una rogatoria internazionale, però la giurisprudenza della Cassazione che si è formata con riferimento soprattutto alle operazioni di repressione del traffico internazionale di stupefacenti, consente di intercettare la scheda straniera che ha traffico in Italia senza la rogatoria internazionale». E i Carabinieri l’hanno pure fatto, dicevamo. La “madre di tutte le telefonate” (la grigliata sbagliata, per intenderci) infatti avviene tra la sim svizzera di Luciano Moggi e il telefono fisso di Paolo Bergamo. Da lì, i Carabinieri sono riusciti a risalire al numero della scheda di Moggi e hanno chiesto l’autorizzazione per intercettare quella e le altre due sim che producevano traffico con essa. Per la cronaca, non poterono trascrivere niente perchè non trovarono più, da quel momento, alcuna telefonata effettuata. E ci siamo tolti anche questo dubbio!
Ma si può fare addirittura di più: basta conoscere il numero della scheda (SIM), il seriale del telefonino (IMEI) e si possono incrociare i dati tra loro. Ogni volta che viene effettuata una telefonata da sim estera in Italia, infatti, i gestori italiani salvano nei loro database una serie di dati tra cui questi due, per comunicarli poi al gestore straniero per la fatturazione («mi devi dare tot per la chiamata x effettuata dal numero y sul cellulare z»). Ciò – che non è stato fatto dai Carabinieri (e il perito non se ne capacita del motivo, avendolo potuto fare anche in un momento successivo) – avrebbe permesso ad esempio di controllare se tali cellulari (controllo sull’IMEI) avessero effettuato in precedenza altre chiamate con SIM differenti note agli inquirenti, per confrontarne i dati. Nelle tre colonne famose di cui abbiamo parlato nelle prima parte, però, l’IMEI non compare. Nè vi sono ulteriori approfondimenti.
Nota: questi due articoli di approfondimento – senza entrare nel merito della bontà o meno del lavoro dei Carabinieri (che sarà lavoro degli avvocati nelle arringhe, essendo molto molto tecnico) – sono stati realizzati proprio per cercare di capirne di più sull’argomento, visto che la disinformazione regna sovrana, sull’argomento. Ci permettiamo solo di aggiungere come nessun arbitro o designatore sia mai stato trovato in possesso di sim svizzere, come tutti abbiano sempre negato di averle possedute e quindi usate e come, comunque, il loro uso e possesso – presunto e supposto – non costituisca di per sè un reato. A tal proposito, per concludere (ma è importante), è interessante ricordare come vi siano due arbitri “svizzeri” che per il giudice del rito abbreviato De Gregorio, in base ai suoi liberi convincimenti (che non hanno potuto però tenere conto di controperizie come questa del De Falco), nonostante facessero uso “certo” (vedi prima) di sim svizzere, sono stati assolti perchè il fatto, di per sè, non costituisce, ovviamente, reato. Nè è sufficiente per configurare un reato di associazione a delinquere, o di frode sportiva).