Kobe ha 37 anni, io 35. Ha iniziato a giocare nei Lakers quando aveva 17 anni, io ne avevo 15. Giocavo a basket tutto il giorno. Non ho mai giocato una sola partita su un campo di calcio regolamentare, mai. Mai avuto un paio di scarpini da calcio. Solo basket e pochissime partitelle al campetto in sintetico, trascinato a forza dagli amici, con indosso le scarpe da basket, i pantaloncini xxxl e la grazia e l’eleganza che potete immaginare. Se proprio dovevo, meglio in porta, almeno si potevano usare le mani. Neanche ci provavo a fare 3 palleggi di fila, figuriamoci un dribbling. Paravo un tiro e in automatico mi partiva il movimento di far girare la palla dietro la schiena e poi davanti e poi dietro. Se avete giocato a basket, sapete. Con la palla in mano, fermo, non riuscivo a stare. Facevo passare la palla in mezzo alle gambe, senza palleggiare; tiri con la palla buttata in aria di un metro, spezzando il polso e controllandola col dorso della mano; e poi le classiche finte di passaggio per far spaventare gli amici, con la palla che restava tra le braccia. Molti di quei miei amici sognavano di diventare il nuovo Roberto Baggio, il nuovo Batistuta, il nuovo Van Basten. Io mi limitavo a guardarli in tv e a commentarli (e continuo a farlo). Sono cresciuto col mito di Magic Johnson e dei Lakers. Gufando Michael Jordan quando esplose la moda delle magliette rosse con stampata una sua foto sopra. Io avevo quella viola, mi faceva sembrare un peperone. A 15 anni, ho iniziato a simpatizzare sempre più per quel 17enne (Kobe) che era entrato nella NBA da ragazzino. Quel ragazzino mezzo italiano, che era cresciuto da noi. Quel ragazzino figlio di Joe Bryant, che mio padre (è stato un arbitro internazionale di basket) aveva arbitrato a Rieti, a Reggio Calabria, a Pistoia, a Reggio Emilia. Sono cresciuto sognando di diventare lui. Non Del Piero, non Baggio, non Cristiano Ronaldo, non Messi. Lui. Lui che per 20 anni ha giocato con una sola maglia, quella della mia Juventus cestistica. Stanotte dirà addio al basket. Dalle 4.30 del mattino, vivrò probabilmente le stesse emozioni che molti di voi hanno davvero vissuto il giorno dell’addio di Del Piero. Kobe è stato il mio Del Piero. Stanotte toccherà a me emozionarmi e dirgli grazie di tutto.