“La Juventus non vende i propri campioni”, ripete sempre Marotta. Poi, però, alla minima richiesta di cessione pare cedere subito. Perchè?
Ne avevamo già avuto dimostrazione la scorsa estate, quando a fronte delle richieste di Tevez, la Juventus liberò il calciatore “per riconoscenza” e cercò di conseguenza un accordo economico con il Boca Juniors per non registrare una minusvalenza. Stessa cosa era accaduta con Coman, accontentato nella sua insistente richiesta di cessione verso il Bayern Monaco e, prima di lui, con Pirlo (tecnicamente ancora con un anno di contratto). Mettiamola così: “la Juve non vende i propri campioni (non avendo la necessità economica di farlo)”, come ci è stato spesso ripetuto, ma non trattiene nessuno controvoglia e, nel limite del possibile, accontenta la volontà dei calciatori. Una filosofia che è risultata nettamente in contrasto con almeno due casi che ci hanno riguardato da vicino, quest’estate: il no del PSG al passaggio in bianconero di Matuidi (nonostante le richieste anche pubbliche del calciatore, deluso e scontento) e il no dello Zenit all’acquisto last minute di Witsel (nonostante il giocatore fosse in Sede a Torino, avesse superato le visite mediche e avesse addirittura scelto il suo nuovo numero di maglia). Fanno meglio loro? Facciamo meglio noi? Noi siamo “deboli”? Loro “duri”?
Non lo so. Mi sono posto anch’io questa domanda, più volte, e la prima risposta è sempre quella di pancia, critica nei nostri confronti. Poi, però, ragionandoci a mente fredda, le perplessità scompaiono quasi sempre. Per un Lichtsteiner che resta e che – nonostante ciò – giura di impegnarsi e dare tutto per la maglia (e sono sicuro lo farà, da gran professionista quale è), ci sono tanti giocatori che invece, messi dinanzi a situazioni come quelle di Matuidi o Witsel, crollano psicologicamente, non rendono come dovrebbero e creano anche problemi a breve o medio termine.
Si è sempre lodato lo “spogliatoio” della Juventus e la sua “mentalità”, veri valori aggiunti. Non si creano dal nulla e non è l’aria di Vinovo a favorire un’atmosfera magica e la coesione tra i vari giocatori: è piuttosto la voglia e il desiderio da parte di tutti di remare nella stessa direzione, di avere piacere di stare assieme e giocare assieme, di voler fare sacrifici per raggiungere un obiettivo comune più grande di una mera soddisfazione personale, di voler vincere come squadra e con quella squadra. La Juventus è storicamente attentissima all’aspetto psicologico e di gestione del gruppo, oltre che a quello tecnico: i giocatori sono spesso selezionati anche per le qualità umane, oltre che calcistiche. Insomma, il non fare a braccio di ferro per trattenere gli scontenti, se da un lato indebolisce probabilmente il brand Juve e ci rende “deboli” alla vista degli spettatori esterni, dall’altra costituisce la miglior benzina per accendere il fuoco di quelli rimasti e potrebbe costituire il vero segreto meglio nascosto dalla Società.
Finora, i risultati sportivi hanno dato ragione alla Juventus. L’augurio è che anche questa volta vada così.