Premessa: per una lettura più tecnica della sentenza vi rimando all’analisi del buon Francesco Andrianopoli nel podcast di AterAlbus del 28/09/2017 (link), che ha spiegato per bene ogni singolo punto dal punto di vista legale. La mia analisi vuole essere diversa, più “giornalistica”. Ci sono un paio di cose che secondo me emergono forti da questa vicenda e che meritano di essere discusse.
Il primo commento va fatto certamente sull’accusa più grave di tutte, ovvero quella dell’aver avuto consapevolmente rapporti con esponenti della ‘ndrangheta e addirittura di aver finanziato una cosca, che evidentemente ha poi speso quei soldi incassati per compiere attività illecite. È un’accusa non solo pesantissima, ma che – se fosse stata dimostrata, in qualsiasi sede – mi avrebbe sinceramente messo in seria difficoltà e mi avrebbe probabilmente spinto a interrompere il mio supporto a questa società. Come si fa, al di là di tutto, a supportare qualcuno che volontariamente finanzia le mafie? Non si può. Non tutti abbiamo evidentemente le stesse sensibilità, ma io non ci sarei riuscito.
Se fosse stato dimostrato, dicevo. E invece tre organi distinti come la Procura di Torino, la Commissione antimafia e il Tribunale Federale Nazionale (il primo grado della giustizia sportiva) hanno sancito che no, non fosse questo il caso. Che ci fosse sì un business illegale da parte di alcuni soggetti (più o meno criminali), che ci fosse sì la vendita irregolare di biglietti da parte della Juventus, ma che no, non lo si faceva mica per finanziare le mafie, quanto per una ragione ben diversa e molto meno grave: per mantenere l’ordine pubblico ed evitare forme di ricatto e di proteste anche non pacifiche da parte degli ultras.
È una cosa diversa. Molto diversa.
Che non si poteva fare, ma che non è la stessa cosa dell’accusa mossa da Pecoraro e che mi avrebbe messo in difficoltà.
Qui stiamo parlando di un obiettivo comune, ovvero una migliore gestione dell’ordine pubblico, raggiunto però in modo diverso. La FIGC ha normato il divieto assoluto di intrattenere rapporti con gli ultras, e l’ha fatto proprio, nelle intenzioni, per tutelare l’ordine pubblico. Ed è una norma generalmente valida, teoricamente valida.
La Juventus, invece, e qui passiamo al secondo punto della discussione, lo ha fatto – di concerto con la DIGOS – avendo rapporti con gli ultras addirittura con incontri alla luce del sole, in Questura stessa, e dando loro biglietti (pagati) in quantità non previste dalla FIGC, comunque sempre con l’intenzione di preservare l’ordine pubblico.
L’obiettivo era esattamente lo stesso, ma raggiunto in modo diametralmente opposto.
Direte voi: ma così stai giustificando una cosa vietata…
No, non si tratta di giustificare, ma di capire. Ovviamente la FIGC non prevedeva e non può prevedere metodi “fai-da-te” per risolvere queste questioni, né tantomeno lo scendere a patti. Non può accettare la vendita di biglietti a pacchetti anche di 1000-1200 a partita per tenere buona una Curva, perché creerebbe precedenti pericolosi in altre realtà dove, invece, si agisce magari per raggiungere fini diversi.
Nessuna legge può giustificare. Nessun tribunale può soprassedere.
Diciamolo bene: il TFN non poteva assolvere per un’irregolarità del genere. Non si può gridare allo scandalo. E infatti la Juventus ha ammesso le proprie colpe, direi anche piuttosto serenamente.
Si può però cercare di capire, e credo sia il nostro compito visto che non siamo giudici e possiamo andare oltre.
Si può capire che parliamo di manifestazioni che spostano 40.000 persone ogni due settimane (e quando ci sono le Coppe anche 2-3 volte in 7 giorni), e sono stati fatti dei ragionamenti logici, anche se non conformi ai dettami della FIGC. Sia dalla Juventus, che dalla DIGOS. La Juventus e la DIGOS, per evitare che 1.000-1.200 persone mettessero a repentaglio lo Stadium (di proprietà della Juventus), l’ordine pubblico e anche la sicurezza delle restanti 39.000 persone, hanno scelto di scendere a patti con questa gente e di accontentarla. L’abuso accettato era molto inferiore al possibile danno che si rischiava, sia in termini economici che di sicurezza.
E, ripeto, lo ha fatto non solo la Juventus, ma anche la DIGOS, non a caso tirata da sempre in ballo dalla Juve, anche nell’ultimo comunicato ufficiale a commento della sentenza. È importante.
Perché qui c’è qualcuno, Pecoraro (ma anche tanti giornalisti), che ha completamente cannato la lettura della vicenda e accusava la Juve di aver volontariamente fatto affari con ‘ndranghetisti finanziandone così le attività illecite quasi senza motivo. E invece no, la Juve si è mossa di concerto con la DIGOS per non avere questi casini. Lo ha fatto disattendendo i dettami della FIGC, ma con le stesse motivazioni della FIGC. E lo ha fatto venendo assolta dalla Procura di Torino che pure non è stata tenera e ha sottoposto i dirigenti bianconeri a intercettazioni preventive frugando persino nelle conversazioni degli stessi con i propri legali.
Ne abbiamo già parlato nei podcast precedenti, in radio: la Juve in questa vicenda è una vittima, nel senso che le minacce e le pressioni le ha ricevute, non le ha fatte. Ma al tempo stesso ha scelto, invece di combattere il fenomeno come magari fatto da altri presidenti (e va citato e lodato almeno per questo aspetto Lotito, fra tutti), e invece di rispettare i regolamenti imposti dalla FIGC, di farsi pagare i biglietti e fare finta di nulla. La cosa non creava un danno economico alla Juve (perché appunto i biglietti glieli pagavano lo stesso), e magari con leggerezza alla Juve hanno pensato che così si potesse risolvere ogni problema, senza che nessuno se ne accorgesse. Li ha certamente risolti alla DIGOS. E per 6 anni non ci sono stati incidenti nello Stadium, quindi l’ordine pubblico è stato garantito. Però in modo diverso da quanto previsto e richiesto dalla giustizia sportiva.
Il punto allora è: possibile ci sia questa visione così diversa tra i metodi operativi e le priorità della DIGOS e quelli dei giudici sportivi? Questo è IL tema. Che però non si sta discutendo, occupati come sempre nel nostro paese a seguito di una sentenza a rivendicare vittorie, mezze vittorie e a sancire sconfitte morali. E perchè la Juventus ha scelto di non denunciare subito nelle sedi opportune i problemi “avvisando” delle richieste della DIGOS e delle specificità del caso, o quanto meno chiedendo alla FIGC una mediazione per non esporsi a sanzioni? Certo che la vicenda comunque farà riflettere e crescere quelli di Torino, le due domande sulle quali interrogarsi a me paiono queste.