I numeri, spesso, riescono ad esprimere meglio delle parole la portata di un problema.
Inizierei dalle basi. Visto che il tema attuale è il razzismo e le morti avvenute per mano di un poliziotto, vediamo di capire il fenomeno da un punto di vista quantitativo. E subito incontriamo un primo grande problema: non esiste un database “ufficiale” che riporti il numero di persone uccise dalla polizia americana. Esistono solamente ricerche indipendenti ma non ufficiali. Una delle più affidabili è la “Mapping Police Violence”, che utilizza dati incrociati di killedbypolice.net, fatalencounters.org, U.S. Police Shootings Database oltre ad informazioni prelevate da social media, obitori, dai database di reati criminali e dai report ufficiali della polizia.
Secondo la Mapping Police Violence, prendiamola per buona perché è la fonte migliore che abbiamo, nel 2019 sono state uccise più di 1100 persone dalla polizia americana con una media di 3 al giorno. Per fare un confronto con l’Europa, in Germania se ne uccidono meno di 10 all’anno (e gli USA hanno 4 volte la popolazione della Germania, non 110 volte). In Inghilterra e Galles dal 1990 al 2014 sono state uccise in tutto 55 persone (in USA il mese con meno uccisioni supera gli 80).
Si tratta di un numero totalmente spropositato e ingiustificabile all’interno del quale si nidificano tanti altri problemi.
Tra questi, quello della giustizia nei confronti delle vittime. Nel periodo dal 2013 al 2019, il 96% delle uccisioni da parte della polizia non ha portato ad una formale accusa nei confronti dei poliziotti; solo il 3% delle morti ha portato ad accusa formale e processo e solo l’1% delle morti ha portato ad un arresto. Vi è una impunità di fatto nonostante (ancora: non ci sono database ufficiali) oltre 100 di queste morti ogni anno avvengano nei confronti di gente disarmata o impossibilitata ad offendere (già ammanettata). Due terzi dei processi finiscono inoltre con un’assoluzione, anche dinanzi alla convinzione della colpevolezza da parte “dell’accusa” (il popolo americano). Una percentuale così elevata che ormai ha portato di fatto a non processare più i poliziotti per non “sprecare” soldi pubblici in indagini e processi difficilmente vincibili.
È vero: fare il poliziotto negli Stati Uniti è un lavoro che può essere pericoloso, ed è innegabile che in alcune situazioni ed in alcuni contesti, la paura giochi un ruolo fondamentale. Ma, sempre per fare un paragone, gli uomini in divisa uccisi nel 2019 sono stati 40. Un poliziotto ucciso (ed è inaccettabile ognuna delle loro morti) per 27 persone uccise dalla polizia. La sproporzione è troppo elevata, anche senza entrare nel merito dei singoli casi.
Se poi allarghiamo il discorso alla gente arrestata e non solo a quella uccisa, i numeri diventano ancora più incredibili. Un dato su tutti: gli USA “vantano” il 20% della popolazione carceraria mondiale, a fronte di una popolazione che rappresenta il 4% dei 7,4 miliardi di persone che vivono nel nostro pianeta. Tradotto in numeri più semplici, 1 carcerato su 5 al mondo è statunitense. Altro che “Land of the free”… ci sono letteralmente più persone dietro alle sbarre che dormitori universitari. In Texas, ad esempio, ci sono 141mila persone arrestate su 29 milioni: in Italia 60mila per 60 milioni. In totale, negli USA, la popolazione carceraria è di 2,3 milioni di persone (lo 0,7% dell’intera popolazione statunitense).
All’interno di questo scenario inimmaginabile per noi Europei, si inserisce la questione razzismo. I numeri dicono che una persona su quattro (il 24%) uccisa dalla polizia l’anno scorso fosse nera, a fronte di un censimento della popolazione afroamericana del 13%. E che il 40% di tutte le persone incarcerate siano nere (fonte: US Census Bureau). Sproporzioni evidenti che fanno gridare giustamente allo scandalo e all’ingiustizia. I neri sono più “propensi” ad essere uccisi di qualsiasi altra “etnia” statunitense, sono più propensi a finire in carcere e sono più propensi, inoltre, a ricevere condanne “lunghe” rispetto ai bianchi. Questo è razzismo, né più né meno, ed è ora che – oltre ad ammetterlo – si faccia qualcosa di concreto.
Cosa? Ad esempio cercare di migliorare la disparità economica che è tale per cui il 40% dei senzatetto totali americani sia gente nera e per cui il 20,8% dei neri sia in condizioni di certificata povertà. Le entrate medie di una famiglia afroamericana nel 2018 sono state di 41mila dollari, contro i 70mila di media dei bianchi-non hispanici. Questo, misto a delle leggi sul porto d’armi che in diversi stati sono molto permissive, spinge più afroamericani a commettere crimini (quasi il 50%), e la polizia ad arrestare e a sparare più afroamericani.
Parliamo insomma di un corto circuito generale, con diverse concause e ramificazioni possibili, ma di un cortocircuito. Quella che le manifestazioni a seguito dell’uccisione di George Floyd stanno mostrando al mondo (ne ho parlato qui), è solo la punta di un icerberg immenso e un problema che ormai non può più essere rimandato e che, specie le nuove generazioni, vogliono affrontare “a tutti i costi”. Difficile, leggendo questi numeri, dare loro torto.