Il processo penale in corso a Napoli ha avuto nell’aprile del 2010 il suo punto di svolta. L’uscita di una serie di “nuove” telefonate venute a galla grazie al lavoro delle difese, nonostante abbia dapprima ottenuto l’effetto di galvanizzare i tifosi bianconeri costretti per troppo tempo a subire la morale degli interisti, ha sì portato alcuni media (non tutti) a risvegliarsi dal sonno e a riportare in prima pagina un processo che era finito nel dimenticatoio, ma ha avuto anche come effetto “collaterale” l’aver probabilmente distolto troppo l’attenzione dalle sentenze sportive del 2006, ingiuste e vergognosamente di parte, per spalancare le porte del “gossip”, alla continua ricerca di “nuove telefonate”, sempre più belle, sempre più piccanti. “L’hai sentita l’ultima di Facchetti?”. “E Moratti con Bergamo?”. “Collina-Meani l’hai sentita?”. Una “rivincita”, in un certo senso. La sconfitta dell’ipocrisia del mondo del pallone. Attenzione, però: ricordare agli amici tromboni le telefonate di “questa cosa non potevo chiedertela, non ne eri capace” Giacinto Facchetti è cosa buona e giusta, così come lo è stato da parte della Juventus presentare un esposto alla Figc per chiedere parità di trattamento. Ora che però questa fase è terminata, sarebbe bene fare un passo indietro, tornare con la mente alle sentenze del 2006 e, una buona volta per tutte, chiedere che venga fatta finalmente giustizia. Prima ancora di chiedere punizioni per chi se l’è scampata, insomme, occorrerebbe riottenere la propria dignità. E questa passa innanzitutto da una corretta informazione, poi dalla comprensione di quanto accaduto nel 2006 e, infine, inevitabilmente (e qui verrà inevitabilmente “pesata”), dalla voglia da parte della Società Juventus di combattere per la propria storia. Di che cosa è stato ritenuto responsabile Moggi dalla Giustizia Sportiva? Iniziamo a rispolverare le sentenze sportive. E’ facilmente dimostrabile non solo come fu tutta una farsa, ma anche come già allora si avessero a disposizione gli elementi per formulare delle accuse diverse, più “giuste”. Senza ancora avere a disposizione le telefonate “di Penta”.
Il primo capo d’imputazione consisteva nella violazione di una serie di art. 1, che avevano comportato come conseguenza (come somma, potremmo sintetizzare con una battuta che però non si discosta molto dalla realtà) la violazione dell’art. 6, che erano tese ad assicurare alla Juventus un vantaggio. Basandosi sul principio che l’illecito sportivo è un reato a consumazione anticipata, a prescindere se poi questo vantaggio in classifica si sia verificato o meno, le condotte sleali contestate erano: esclusivo rapporto coi designatori, incontri riservati (le famose “cene”) coi designatori, aver interferito nelle griglie e nella nomina degli arbitri e assistenti per ottenere vantaggi per la Juve e svantaggi per gli altri, aver fatto regali ai designatori, aver intrattenuto comunicazioni telefoniche riservate, aver fatto uso distorto dei mezzi di informazione, aver minacciato in alcune telefonate di far irrogare delle sanzioni agli arbitri. Tutto questo è racchiuso nella motivazione della CAF e determina il famoso “illecito strutturato”. Scrive la CAF che i fatti sopra dimostrati erano idonei a determinare una situazione di disparità fra la Juventus e le altre squadre. Dal materiale risulta che solo, e sottolineo solo, la Juventus ha esercitato quella influenza sul settore arbitrale idonea a minarne la terzietà nei modi di cui abbiamo già detto.
Ma come si fa ad accettare un’accusa simile? Come si può ad esempio sostenere che Luciano Moggi avesse un “rapporto privilegiato” col mondo arbitrale quando è stato l’unico dirigente di calcio intercettato? (pure per logica: per fare affermazioni simili avrebbero dovuto intercettare tutti i dirigenti e solo successivamente fare una “classifica” dei più e dei meno. Se intercetti solo Moggi al primo e unico posto c’è Moggi, non c’è dubbio). Ma non è solo per deduzione logica che lo si può sostenere: l’unico altro dirigente “rivale” (di una big) intercettato (dell’Inter non hanno ascoltato nessuno e della Roma neanche, ed è anche con loro che la Juventus si giocava lo Scudetto in quegli anni..), ovvero l’addetto agli arbitri del Milan Leonardo Meani, in due mesi scarsi ha intrattenuto rapporti telefonici quotidiani con arbitri in attività (tra gli altri: De Santis, Morganti, Nucini, Rodomonti, Racalbuto, Collina, Messina e Paparesta: manca qualcuno?), assistenti (Copelli, Contini, Puglisi, Babini, Stagnoli e Titomanlio), designatori (Bergamo, Pairetto e Mazzei, tripletta), membri della CAN (il “canarino” Martino), dirigenti AIA (il presidente Lanese) e osservatori (Guidi e D’Addato, raccomandati a Lanese). E, capiamoci, non si tratta di telefonate “ignorate” o emerse grazie al lavoro delle difese: mi riferisco esclusivamente a quanto gli stessi inquirenti hanno compendiato nell’informativa del gennaio 2006. Era insomma tutto materiale già nelle mani del capo Ufficio Indagini Borrelli e del procuratore Palazzi, i quali avevano anche una dichiarazione nero su bianco di Bergamo che confessava di aver avuto colloqui telefonici frequenti non solo con i dirigenti bianconeri, ma con tanti altri dirigenti come Meani, Facchetti, Sacchi, Capello, ecc.. Non è stato creduto eppure, ad esempio, solamente a leggere le carte che avevano a disposizione, si poteva tranquillamente scoprire come in due distinte telefonate di Bergamo con Maria Grazia Fazi si parlasse di “recenti telefonate di Moratti” (aventi ad oggetto anche designazioni arbitrali) e persino di un invito a cena “riservato” da parte di Facchetti (accettato). Se poi si accettassero le telefonate “emerse” dall’aprile 2010 in poi, si scoprirebbe addirittura l’ovvio, ossia che a telefonare a Bergamo fossero persino i dirigenti delle neopromosse e – questa è bella – delle società che si sono costituite parte civile nel processo in corso a Napoli e che in questi giorni stanno chiedendo risarcimenti milionari.
Come si può – ancora – sostenere che Luciano Moggi e Antonio Giraudo consolidassero il loro rapporto di privilegio con i designatori arbitrali tramite cene “segrete” (le facevano nelle rispettive abitazioni, mica con sacco a pelo nel mezzo della foresta amazzonica) quando sappiamo dalle informative stesse che Adriano Galliani si incontrava nel ristorante di Meani, nel giorno di chiusura (per non essere visti) assieme all’arbitro ancora in attività Collina, per decidere assieme le strategie future ed un eventuale appoggio dell’allora presidente della Lega al futuro designatore predestinato. E questo era agli atti, già dal gennaio 2006. Se i dirigenti bianconeri cenano a casa di Bergamo con i due designatori già trombati a campionato concluso il loro viene definito un incontro strategicamente importante, mentre se un dirigente del Milan cena nascondendosi da occhi indiscreti con Collina non è niente? E attenzione: le cene le faceva anche Facchetti come detto sopra (e Bergamo è andato a Forte dei Marmi da Moratti, convocato). Dagli interrogatori dei testimoni (addirittura dell’accusa, per sorridere) del processo di Napoli, infine, si è saputo che a fare cene private fosse persino il Parma di Tanzi e Sacchi e che, in generale, le potesse fare chiunque lo richiedesse. Dov’è l’esclusività o la disparità con le avversarie?
A Moggi viene mossa l’accusa di scegliersi arbitri o assistenti o comunque di interferire nelle griglie. E di usare toni minacciosi con chiunque gli sbarrasse la strada. Una cosa per volta. Iniziamo dalla seconda accusa: dopo la sconfitta col Siena dell’aprile 2005, Leonardo Meani telefona al designatore Mazzei e lo aggredisce verbalmente con frasi alla “Adesso gli dici (a Bergamo e Pairetto, ndr) di stare molto attenti, perché Galliani è furibondo”. E ancora: “Riporta da adesso in poi di non sbagliare più un cazzo perché (Galliani, ndr) è furibondo, quindi anche mercoledì cercate di mandare due intelligenti..”. “State attenti perché è supervelenoso”. E i due hanno talmente tanto timore di fare arrabbiare il presidente di Lega e possibile appoggio per una loro ricandidatura, che alla richiesta esplicita del dirigente rossonero di designare per il mercoledì successivo il guardalinee (ultrà milanista) Puglisi, rispondono facendo una cosa imbarazzante: cambiano una designazione già ufficialmente comunicata. Il gesto – un articolo 6 sparato come certificato anche dalle sentenze sportive – provoca le risate incredule di Collina, che “manda a cagare” Meani (“è bastato alzare la voce..”) intimandogli, se dovesse un giorno davvero diventare designatore, di non fare mai queste cose con lui. Anche in questo caso, il riferimento è alle informative dei Carabinieri: telefonate note e giudicate dalla stessa giustizia sportiva. Ma questo, il più clamoroso, è solo un esempio dell’influenza di Meani. In una telefonata dell’1 aprile con l’assistente Contini, infatti, il dirigente rossonero si vanta per essere riuscito, nonostante fosse la quarta volta (e quindi avesse già raggiunto il limite), a farlo designare per Milan-Brescia. E racconta di aver “spaventato” Mazzei minacciandolo di non designare più l’assistente Pisacreta “altrimenti Galliani s’incazza!”. Dormita delle corti sportive giudicanti anche in questo caso. E ce ne sono tanti altri di esempi (pure per curiosità una volta nella vita andrebbero lette, le informative). Meani quindi si incazza, si incazza Galliani, minaccia. Quanto alla richieste esplicite, a parte che Moggi non ha mai chiesto espressamente un arbitro se non per delle partite amichevoli, ci sono anche in questo caso esempi di altri dirigenti che chiedono espressamente un loro “uomo di fiducia”. Famoso è divenuto dall’aprile 2010 il caso del presidente dell’Inter Facchetti che “chiede Collina” (nota per gli ignoranti in materia: non si parla della telefonata ininfluente con Bergamo, ma di quella del giorno prima con Mazzei) nel match contro la Juventus, anche a costo di taroccare la griglia e quindi il sorteggio (che “numero” vogliamo dare ad una cosa del genere? Art. 1? 6? 3 come media? Fate voi..). Ma quella è una telefonata “nuova”, direte voi, anche se incredibilmente ignorata dagli inquirenti. Andrebbe presa in considerazione, certo. Colpa dei Carabinieri che “non erano interessati” a illeciti dell’Inter (cfr: dichiarazioni Rosario Coppola). Ma dalle stesse informative emergono altri esempi simili. Nella telefonata citata prima tra Meani e Mazzei, infatti, il primo “ordina” al secondo: “Allora fammi vedere di mandarmelo mercoledì!”. “Mercoledì mi mandi Puglisi e qualcuno sveglio!!”. Senza per favore. E questo cos’è se non un chiaro interferire nelle libere scelte (gli assistenti erano designati) di Bergamo e Pairetto? Ancora: in un’altra telefonata Meani-Bergamo, Meani dice di non mandare Ivaldi e Pisacreta, Bergamo chiede a Meani come si sono trovati con Stagnoli, Meani risponde che si sono trovati bene ma gli dice che se vuole mettere uno che con loro è andato bene può mettere Ambrosino o Stagnoli, Bergamo gli chiede di Ayroldi e alla fine decidono di fare Stagnoli e Ayroldi. E poi è Moggi che chiede gli assistenti…. A meno che non si voglia insinuare che Moggi lo facesse sempre, di nascosto. Lo si può fare, ma non c’è uno straccio di prova.
Le sim svizzere? Già, chissà che si dicevano Moggi e i designatori… vero? Che si dicevano? Lo sappiamo. C’è una telefonata dove Bergamo per errore chiama alla sim svizzera di Moggi dal suo telefono di casa, rendendo così rintracciabile il numero della sim straniera e permettendo ai Carabinieri, che avevano messo sotto intercettazione il fisso del designatore, di ascoltare – documento straordinario – una telefonata dove Moggi è convinto di non essere intercettato. E’ la famosa “madre di tutte le telefonate”: la grigliata (ne fa una, eh, mica cento..). Uno si aspetta la prova schiacciante, l’illecito classico, i magheggi e le porcate.. e invece Moggi al riparo da tutti che fa? Non dice: “Caro compagno cupolaro Bergamo, domenica trucca il sorteggio e mandami l’arbitro X!”. No. Da buono scolaretto propone (letteralmente) a Bergamo una griglia (“io avrei pensato”, “se per te va bene”, “che ne dici?”, “non so, eh! poi vedi te”) che si era studiato per vedere se poteva essere una buona soluzione. Propone cinque nomi di cui tre “fissi”, che non si potevano non inserire (internazionali), Bergamo gliene boccia due (la famosa sudditanza di Bergamo..), li sostituisce con altri due da lui scelti e (la solita fortuna di Moggi..) nel sorteggio esce estratto ovviamente un arbitro che non aveva proposto Moggi! Stessa cosa per gli assistenti. Ma di griglie discutono tutti, da Cellino a Meani. Ecco, Meani. In una telefonata con Bergamo prima gli chiede chi metterà in griglia, con Bergamo che gli dice di avere in mente di mettere tre arbitri in griglia per quella domenica. Bergamo poi dice a Meani che può immaginare quali saranno invece i tre della domenica successiva, Meani non immagina… “Paparesta..Collina…Trefoloni”, li indovina tutti e tre (altro che Moggi..). Poi Meani si raccomanda con Bergamo di fare a Trefoloni “un bel discorsetto, se no gli tagliamo la testa noi”, giusto per.
Poi, per carità.. ci sono sicuramente state telefonate “segrete”, se così vogliamo chiamarle (ma erano comunque intercettabili, se avessero conosciuto per tempo i numeri) ma, tornando alla premessa, c’è da chiedersi: come definireste tutte le telefonate effettuate dai dirigenti non intercettati? Quelle tra Galliani e Collina, ad esempio, non sono a loro modo “segrete”? Quelle tra Facchetti e Nucini non sono a loro modo “segrete”? Quelle tra Galliani e Paparesta piuttosto che Galliani e Puglisi non sono anche quelle “segrete”? E chissà quante altre telefonate “segrete” sono andate perse non intercettando tutti i dirigenti della Serie A. Che cosa cambia? Si può basare un’accusa su quello che non si è mai sentito ma si sarebbe potuto ascoltare se si avesse avuto modo di intercettare le telefonate? E non è un concetto che dovrebbe valere per tutti? La differenza è che Moggi l’hanno beccato a conversare con Bergamo, e tra l’altro senza commettere illeciti. Gli altri invece neanche si è voluto indagare, segretando di fatto o ritenendo non rilevanti conversazioni che potenzialmente avrebbero potuto esserlo.
Che poi c’è da fare anche un altro discorso, come parentesi. Nella sentenza che ha spedito la Juventus in B meno 2 Scudetti, non si fa riferimento alle conversazioni “svizzere” con gli arbitri. E meno male, aggiungo! Questo da un lato significa che per “ammazzarci” non è stato neanche necessario tirare fuori la teoria non provata delle celle agganciate (il che rende ancora più insensato, se possibile, il tutto), dall’altro c’è da dire che una sentenza ad hoc (fu chiamata Calciopoli-2) contro Moggi c’è stata, presieduta proprio da quel dott. Artico che giudicherà sulla radiazione di Moggi. E ci sono errori oggettivi. In un passaggio ad esempio si cita: “Le dichiarazioni del Nucini che riferisce di un incontro con Moggi all’Hotel Concorde di Torino e alla presenza di Fabiani gli consegnò una scheda, delle sopra citate schede estere, allo scopo di renderlo partecipe del predetto sistema di comunicazione riservata”. Ma, come è emerso da Napoli, Nucini ha per ben due volte ribadito di non aver mai ricevuto alcuna sim straniera, bensì una Tim ancora imballata e mai aperta (anche se dai riscontri dei Carabinieri si evince come fosse attiva da 8-9 mesi, e quindi qualcuno ci deve ancora spiegare come potesse essere imballata..). Questo giusto come parentesi, perchè poi ad esempio la stessa Commissione scrive in quella sentenza “Sui rapporti fra Nucini e Facchetti non sono stati accertati fatti al riguardo censurabili e dunque l’eccezioni formulate dalla difesa del Moggi appaiono del tutto irrilevanti” e credo che una risatina sia scappata a tutti voi, leggendo.
I regali. Già, vogliamo parlare dei regali? Basta ascoltare le telefonate intercettate (e agli atti dal 2006) di Meani, ad esempio, per leggere di arbitri che “ringraziano” per il pensiero gentile, di altri che chiedono biglietti o favori vari (arbitri, Martino, Lanese, ecc..) o, addirittura, di personaggi che vengono fatti sedere su una poltrona grazie all’influenza rossonera. Sappiamo ad esempio che Meani telefona a Lanese, presidente dell’AIA (in teoria cupolaro), e gli raccomanda l’amico osservatore arbitrale D’Addato come presidente del Comitato regionale della Puglia e l’ex assistente Marano (“non gli trovi un posto nella Can D?”). Lanese (che bel cupolaro..) obbedisce, e Meani chiede il permesso di spingere a Galliani “perché abbiamo un pò di controllo anche nelle categorie inferiori è meglio!”. Permesso accordato. E un posto lo si trova pure all’ultrà Puglisi.. c’è posto per tutti. A voler essere più maliziosi, poi, si parla di trapianti di capelli (era una battuta? Ok), ma anche di pratiche burocratiche fatte pervenire sulla scrivania del vicepresidente del Consiglio Letta (Paparesta). Non sono forse “regali”? Questo era già agli atti, pur avendo intercettato solamente per un paio di mesi il dirigente milanista (e solo lui). Ma sappiamo oggi come anche l’Inter facesse regali ai designatori (a Bergamo in particolare, che viene invitato a ritirarlo direttamente in sede). Altra cosa: la Juventus avrebbe regalato magliette dei giocatori agli arbitri. Pare una cosa da ridere, ma ad esempio c’è il povero Cennicola che si è visto processato solo per questo! (per la cronaca Narducci e Capuano hanno ritirato l’accusa, recentemente). Che dire (l’abbiamo appreso nel processo di Napoli) invece dei borsoni Adidas con le tute e le magliette del Milan? O dei maglioni di cashmere dell’Inter? Che poi bastava conoscere le circolari della Lega e si apprendeva, senza scrivere fesserie nelle sentenze, come questi regali fossero consentiti, soprattutto se il materiale proveniva dagli sponsor (come appunto le magliette di gioco).
Che manca? L’ultimo: l’uso distorto dei mezzi di informazione. In pratica Moggi condizionava l’opinione pubblica perchè faceva dire a Baldas e Biscardi di dare un voto alto ad un arbitro piuttosto che di “bocciarne un altro”. A parte la solita, ovvia, banale, considerazione, ovvero, per citare lo stesso giornalista “rosso”: «Sa qual è il problema? Che hanno intercettato il cellulare di Moggi. Se avessero intercettato il mio avrebbero scoperto che parlo così con tutti, che tutti mi chiamano per chiedere cose, “e fammi ’sto piacere”, “e aiutami qui”, “e m’hanno negato un rigore, dagli addosso con la moviola”. E io a tutti dico: “Sì vabbè, poi vedo che posso fare” eccetera. Io sono fatto così, parlo in questo modo con tutti. Poi però, ciò che conta è quello che io faccio vedere in tv, se accetto le richieste dei potenti o se me ne fotto e faccio di testa mia». Ovviamente non si tiene minimamente conto di come Berlusconi fosse proprietario di Mediaset e di come La7 (ex Telemontecarlo, gestita da Cecchi Gori.. per restare in tema) fosse in mano di fatto alla Telecom… Ma anche le informative ci vengono in soccorso. Ad esempio Meani in una conversazione con Rodomonti dice di avergli fatto mettere 7 da Cecere, de La Gazzetta dello Sport (per la cronaca, dall’esame dei tabulati non risultano chiamate tra i due: trattasi probabilmente di millanteria). Quello è normale (intendo la rilevanza data alla telefonata) mentre la patente a punti no? Che poi.. giusto per capirci.. uno degli episodi più clamorosi contestati è ad esempio la gestione della partita Lecce-Juventus con la Rai. Mi dilungo un pò, ma serve a capire parecchie cose. Lo scenario è di quelli perfetti: Zeman allenatore e De Santis arbitro. Per gli inquirenti, il giornalista Ciro Venerato (che – parentesi – non è neanche juventino) è “usato” per scongiurare un “pericolo imminente” (cit.) e cioè per evitare che qualche suo collega (evidentemente “libero”) intervistasse Zeman, o ci facesse il solito servizio magari accennando al “doping” o a presunti favori arbitrali del De Santis nei confronti della Juventus. Sapete come Moggi ottiene Venerato da Scardina (direttore di Rai Sport)? Con questa telefonata (per giunta trascritta dai Carabinieri): «No no no è una questione di scaramanzia dai, fammi un favore! Ti chiedo un favore una volta… cambialo e mandamelo laggiù, dai, tanto spese non è hai perché lo riporto io con l’aereo …. Nooo se no mi fai toccà le palle fino a domenica poi se perdo so cazzi tua eh ….. no no no mandamelo laggiù dai… oh, una volta che ti chiedo una cortesia me la devi fa, dai!». Questo chiede Moggi al “sodale” (sodale? Poco ci manca si inginocchi pure…) Scardina: lo deve quasi implorare! Ma ci riesce. Venerato va a Lecce e la Juventus vince 1-0 con gol di Del Piero. Venerato fa il suo bel servizio sulla partita, e per gli inquirenti non mette in difficoltà la Juve. Questo almeno a sentire l’accusa, perché poi ci sono i fatti. E dicono che il servizio fu sul rientro dall’infortunio di Del Piero, e non sulla partita. Un “secondo servizio”, d’accompagnamento a quello principale, fatto da un giornalista “non Moggiano” (ammesso Venerato fosse Moggiano). Ma non solo. Sentite come si sfoga Moggi con Scardina (ricordiamo: sodale e cupolaro pure lui): «Domenica avete fatto veni’ (alla Domenica Sportiva, ndr) Zeman e Semeraro in televisione. Già c’è Boniek, questo è pe rompe i coglioni alle persone!». Insomma pagine e pagine su Venerato mandato per non far parlare Zeman (dicono), e poi il boemo è ospite della trasmissione più seguita della Rai, in prima serata, assieme al presidente del Lecce e all’antijuventino Boniek, a formare un terzetto che ne disse talmente tante che – e anche questo è nelle informative – Mino Raiola fu costretto a chiamare Moggi, furioso, chiedendo di poter intervenire in diretta in trasmissione per difendere il suo assistito Nedved dalle accuse del tecnico leccese. Questo sarebbe il “potere” bianconero con i media. Che poi, francamente, ci sarebbe solo da ridere ad un’accusa di controllo dei media da parte di Moggi: sono stati i primi a crocifiggerlo, prima ancora delle sentenze, e ancora oggi si rifiutano in gran parte di accettare la verità. Altro che controllo…..
Insomma per gli inquirenti ruota tutto attorno a Moggi. Moggi controlla tutto e tutti, persino il ministro degli interni Pisanu. Ora, a parte che non ci voleva uno scienziato per fare un collegamento elementare Berlusconi-suo ministro-Milan, viene citato un episodio: la morte del Santo Papa. Moggi riceve una telefonata dal ministro che gli chiede un parere: giocare nonostante il Papa sia in fin di vita, saltare direttamente per rispetto o giocare e poi eventualmente interrompere le partite in caso di brutte notizie? Moggi dice la sua. Dice di giocare, perchè ormai le squadre erano in trasferta, e soprattutto le piccole avrebbero subito un danno economico non giocando. A voler essere cattivi, lo dice pure perchè la Fiorentina, rivale in quel turno di campionato, ha quattro giocatori importanti infortunati, e l’occasione è troppo ghiotta. Alla fine invece non si gioca (il solito potere di Moggi..). Ma per tutti è Moggi che, al telefono con “l’amico” (quasi succube) Pisanu muove i fili del calcio italiano. E invece succede che Meani telefona a Galliani, e questi – da presidente di Lega in carica – annuncia lo “slittamento” del campionato. Slittamento, non rinvio. Cioè invece di saltare una gara di campionato, si spostano tutte le giornata in avanti di una settimana, con una decisione senza precedenti. Motivo? Il Milan avrebbe dovuto altrimenti disputare un match importante senza due sudamericani (Kakà e Cafù) infortunati, e con lo slittamento li recupera e gioca a Siena con Shevchenko al rientro dall’infortunio. Così Galliani risponde alle preoccupazioni di Meani: “Ma secondo lei io dormo?”. E, sorridendo, insulta “quel figlio di puttana di” Moggi che voleva invece giocare e che lo aveva accusato di aver adottato questa decisione a suo uso e consumo. Insomma l’opposto di quanto dipinto. Eppure anche questo, incredibilmente, era già noto e nelle informative. Bastava collegare le due telefonate e ricostruire l’episodio.
Insomma anche senza le telefonata (importantissime, per carità) rinvenute, era chiaro dal principio come i presupposti fossero forzati. E il motivo è facilmente spiegabile. Complotto? Senza voler usare paroloni del genere, basta ricordare come le sentenze sportive si basano esclusivamente su due indagini penali condotte contro Luciano Moggi: quella di Torino (archiviata) e quella di Napoli. L’unico che interessava agli inquirenti era lui e le stesse indagini – l’ha ammesso il ten. col. Auricchio in tribunale, rispondendo a specifica sollecitazione dell’avv. Prioreschi – hanno riguardato solo Moggi. Le informative sono state create per provare (senza riuscirci) la sua colpevolezza, ogni telefonata è stata interpretata esclusivamente per incolpare Moggi, ogni indagine e ogni rigo è stato sprecato solo per quello scopo. Esempio: informativa del gennaio 2006. Meani è al telefono con un arbitro. Lo saluta, l’arbitro lo ringrazia, Meani gli dice di aver convinto i designatori a farlo designare per la partita del Milan, dice che ci ha messo una buona parola, i due si danno appuntamento a cena, Meani confessa di aver fatto delle preclusioni (es. Pisacreta, è agli atti) a Bergamo e Pairetto (“altrimenti Galliani s’incazza!”), eccetera eccetera e poi, a fine chiamata, i due si dicono “Ma perchè Puglisi (l’ultrà, ndr) non fa mai il Milan?” (e c’è pure bisogno di chiederselo?). I Carabinieri scartano tutto e prendono solo quest’ultima frase per provare come le designazioni fossero tese a sfavorire il Milan. Se questo è il metodo c’è poco da fare.
Passiamo al secondo capo d’imputazione: il “caso” Paparesta. Secondo la CAF vi è un doppio grado di violazione dell’art. 1: il primo perchè Moggi e Giraudo si recano nello spogliatoio alla fine della partita, il secondo perché poi minacciano e ingiuriano il direttore di gara. A parte che non era vietato (circolare 2004, agli atti pure questa!) recarsi nello spogliatoio dopo che l’arbitro aveva compilato il referto (e abbiamo diversi esempi, nelle telefonate ritrovate, di dirigenti interisti che ci vanno tranquillamente, e ci vanno anche prima e all’intervallo, se è per questo..), passando alle minacce.. e mettendo da parte l’infelice passaggio delle sentenze nel quale viene scritto letteralmente che Moggi “chiuse a chiave nello spogliatoio” l’ex arbitro barese (tutto nasce incredibilmente da una boutade di Moggi che dice “li ho chiusi dentro”. Nella seconda telefonata già dice “volevo chiuderli…”).. bastava controllare! Di fatto questa grande punizione non si è mai verificata. C’è stato, anzi, un “premio”, perchè Paparesta torna ad arbitrare la Juventus (nonostante l’errore), Copelli va a fare la Confederation’s Cup e Di Mauro viene fatto arbitrare un altro anno in deroga al regolamento, nonostante il raggiunto limite d’età. Una minaccia senza conseguenze, insomma (Racalbuto per un presunto errore pro-Juventus contro la Roma non arbitra più la Serie A per diverse settimane, compromettendo in maniera definitiva la carriera). Ribadita anche ai designatori. Ma sono gli stessi Bergamo e Pairetto che, dopo la partita, invece di bastonare (sportivamente, ovvio) i coinvolti, li fermano “il minimo sindacale” (una “punizione lieve” la definirà Di Mauro in udienza) e si preoccupano pure di spiegare lo stop, con telefonate molto concilianti e dai toni amichevoli e rassicuranti. Certo, Paparesta avrebbe dovuto denunciare la situazione. E infatti ha pagato per questo, addirittura con la carriera. Ma basta un pò di buonsenso per capire come in realtà nessuno denunci mai certe cose, e non per paura dell’uomo cattivo Moggi, ma per non passare per “infame”. Un comportamente sbagliato, ma umano, ed è ipocrita pensare il contrario. Basti pensare ad esempio a Bertini che riceve Facchetti nello spogliatoio, col presidente dell’Inter che gli ricorda il suo score contro i nerazzurri e lo invita a “smuovere la casella giusta”, quella della V (vittoria). L’arbitro si sfoga con Bergamo, ma non denuncia la situazione. “Fatti i cazzi tuoi” è il ritornello dell’ambiente. E sono fatti che accadono spesso, così come spesso qualche dirigente si spinge oltre nelle contestazioni, arrivando a minacce o insulti. Ricordate a memoria dei precedenti di denunce in questo senso?
La cosa incredibile è che comunque poi Paparesta passa per essere uno “juventino”. Perchè avrebbe fatto telefonate con la sim svizzera (in realtà del padre). Quando però si apprende dalle informative (e lo si sa dal gennaio 2006) che Galliani gli parla al telefono (italiano), che Meani intercede con lui perchè a Paparesta serve un favore, che una pratica importante viene agevolata tramite il Governo Berlusconi e che, nei dialoghi con gli ex colleghi l’accompagnatore arbitrale milanista lo giudica uno dei “loro”, questo diventa irrilevante, ovviamente.
Terzo capo d’imputazione: Moggi conosceva in anticipo la terna di Juventus-Lazio. Accusa questa che parte addirittura come illecito (art. 6) e poi viene derubricata in art. 1 (e inglobato nel primo capo di imputazione). La prova di tutto questo era racchiusa nella famosa intercettazione fra Moggi e una sua segretaria, Alessia. Alessia vuole leggergli le designazioni, ma Moggi ci scherza su e gliele anticipa. Come fa a saperlo? “Ecco la prova che il sorteggio fosse truccato!”, il ragionamento. Eppure, senza bisogno di telefonate scoperte, bastava usare la logica e fare una piccola ricerca su Google. La telefonata è delle 11.53. L’Ansa comunica la terna arbitrale alle 11.21. Di cosa stiamo parlando? Alle 11.53 lo sapeva tutta l’Italia chi era l’arbitro di Juve-Lazio!
Quarto capo d’imputazione: Fiorentina-Bologna e le famose ammonizioni mirate. C’è una ambientale che si innesta su una telefonata e Moggi dice a un soggetto non identificato (nell’arringa dell’avv. Prioreschi verrà detto chi è, e comunque sicuramente non è un arbitro) che gli servirebbe che venissero ammoniti i diffidati. Anche su questo si costruisce un capo di imputazione e la CAF dice che non c’è illecito perché non c’è prova: hanno anche verificato che le ammonizioni (di De Santis) fossero tutte giuste, e fra l’altro gli ammoniti non erano nemmeno Ibra, Del Piero e Maradona ma Petruzzi e Nastase.. Ma la Caf si è dimenticata che in quella stessa informativa c’era la telefonata fra Damascelli e Moggi, in cui Moggi neanche sa chi erano i diffidati del Bologna..
Ultimo capo d’imputazione: è contestata la violazione di un art. 1 per Juventus-Udinese ed è in relazione alla “grigliata” fatta con Bergamo al telefono di cui abbiamo già parlato. L’unica grigliata fatta da Moggi, pure sbagliata.
Ricapotolando, e citando l’avv. Prioreschi: «Un primo dato statistico, che conta per quello che conta: per mandare la Juventus in serie B e dare a Moggi 5 anni sono bastate 21 intercettazioni su 180.000!! Uno mi può dire che di intercettazione ne può bastare pure una…per carità io non dico di no, però alla luce di quello che dirò adesso 21 intercettazioni su 180.000: 7 delle quali sono con i giornalisti, che sono quell relative alla patente a punti Baldas, al moviolone di Biscardi…insomma basta sentirle…..forse è meglio sentirle le intercettazioni; 5 intercettazioni riguardano l’episodio Paparesta, e siamo a 12; 1 intercettazione è di Luciano Moggi con la moglie quando parla di cosa portare, del panettone, di quale panettone… (ad una cena con i designatori, ndr); 2 sono intercettazioni con i fratelli Della Valle; 1 è con la segretaria e che riguarda il sorteggio di Juventus-Lazio; 1 intercettazione di Mazzini con Giraudo; 1 intercettazione di Moggi con Giraudo; 1 intercettazione di Moggi con Bergamo; 1 intercettazione di Mazzini con Bergamo. In totale sono 21».
Ventuno telefonate che hanno prodotto una sentenza vergognosa, che ha distrutto la più gloriosa società di calcio italiano e preso in giro milioni di italiani, nonostante bastasse leggere meglio le informative. Ormai è fatta, però. Non si torna indietro, e alla Juventus niente potrà più togliere l’umiliazione subita. E’ però un dovere morale da parte della Figc revisionare le sentenze del 2006 ex art. 39 e porre rimedio a quanto di sbagliato promosso allora. E’ dovere morale (e professionale) da parte dei giornalisti cominciare a raccontare la verità. E’ dovere morale (e di tutela della Juventus SpA) da parte dei dirigenti bianconeri chiedere che venga fatta giustizia. Che non significa togliere uno Scudetto (nostro) all’Inter. Ma riscrivere la storia. C’è tutto per farlo: ci sono le argomentazioni basate sulle informative stesse, ci sono le telefonate “occultate” (cit. Prioreschi) dai Carabinieri, ci sono le testimonianze rese in tribunale a Napoli e presto ci sarà anche una sentenza. Le scuse sono finite.
P.S. Meani, così frequentemente citato nell’articolo, è stato condannato dalla giustizia sportiva ad una squalifica di 2 anni e 3 mesi; Adriano Galliani è stato squalificato in tutto 5 mesi; l’Inter ha vinto uno Scudetto a tavolino con proposte di beatificazione; il Milan ha vinto quell’anno la Champions League, tra il disgusto dell’Uefa. Però applaudì noi.