Raramente guardo le trasmissioni tv e ancora meno leggo le pagelle sui giornali. Twitto però live assieme a voi con l’hashtag #jvtblive e ho così l’opportunità di leggere e confrontarmi con voi sulle prestazioni dei singoli della Juve e di avere il polso di parte della nostra community. Quello che la maggior parte delle volte finisce in una “forbice” di commenti molto ampia è proprio Paul Pogba: con lui si va dal “prendiamolo a calci in culo” al “fenomeno” in un nulla, a volte anche a seguito di una singola giocata. Vorrei spiegare, questa volta senza diapositive ed analisi tecnico-tattiche, perché secondo me uno come lui non possa mai essere preso a calci in culo, a prescindere dal fatto che azzecchi la giocata decisiva o meno (giudicare i calciatori solo così è un po’ superficiale, che dite?).
Ci sono due ragioni: la prima è che un calciatore che, come lui, tenta ogni volta la giocata difficile, serve ad ogni squadra. Anzi, meglio: il dribbling o il controllo a saltare l’uomo sono gesti tecnici fondamentali per le squadre di Allegri. Mi spiego con le statistiche: con Conte allenatore, la Juve era costantemente agli ultimi posti per numero di dribbling tentati (e anche Pogba giocava di conseguenza più pulito, “scolastico”, concreto); con il tecnico toscano, invece, primeggia in questa categoria sia in Italia che nei top campionati Europei. I dribbling sono incoraggiati e mai osteggiati da Allegri e, sempre stando alle statistiche, Paul risulta essere il migliore di tutta la squadra (72 dribbling riusciti su 112: 2 su 3 gli riescono, ricordiamocelo quando ne sbaglia uno) e uno dei migliori in Italia e fuori dai confini. E’ vero, a volte eccede nelle giocate in zone di campo dove non sono funzionali ed è vero pure che deve imparare a controllarsi in certe situazioni, ma è difficile chiedere ad un giocatore, specie se giovane, di “accendersi” e “spegnersi” a piacimento (sarebbe troppo bello).
Il “pacchetto” pro/contro resta comunque a mio avviso nettamente positivo, così come lo sono quelli di Cuadrado, Dybala e Alex Sandro, gli altri tre “dribblatori” che Allegri utilizza per scardinare le difese avversarie. Ma c’è una seconda ragione, ancora più importante e che non leggo mai nei commenti alle sue prestazioni. Pogba difende. Trovatemelo un altro calciatore con quei numeri offensivi e in grado di fare assist, cambi di campo precisi, tiri da lontano, controlli di tacco e che però per 60’ va a fare la prima marcatura su Messi nella finale di Champions. Trovatemelo un altro che arretra fino alla bandierina per raddoppiare sull’esterno avversario e che ha la forza fisica per correre fino al limite dell’area avversaria l’azione successiva. Trovatemi un centrocampista “di qualità” che su 69 tackle tentati (Marchisio 66), recupera palla 51 volte (Marchisio 39). Che vince i colpi di testa, che vince i contrasti fisici, che macina chilometri. E ancora: ricordatemi un “errore difensivo grave” di Pogba dovuto a scarso impegno, ad un mancato rientro o alla mancanza di sacrificio e copertura. Non ho una memoria di ferro, lo ammetto, ma proprio non me ne vengono. Ed è proprio il mix tra la sua capacità di “spaccare” la squadra avversaria con giocate difficili e quella di non lasciarti mai scoperto in difesa che lo rende unico e, a mio avviso, comunque importante, anche nelle giornate in cui i dribbling gli riescono meno e i tiri finiscono in tribuna.
Pogba è uno dei migliori 5 atleti del calcio, fisicamente integro, che non riposa mai, che gioca ala tattica con compiti difensivi importanti e nonostante questo ha polmoni e generosità tali da permettergli di attaccare ogni singola azione con o senza palla, spesso dovendo partire da molto dietro e giungendo con sufficiente lucidità in attacco, laddove altri “non atleti” (o atleti normali, meglio) ci arriverebbero col fiatone. Sbaglia l’ultimo dribbling? Peccato. Tira alto? Mannaggia. A volte è lezioso? Vero. Ma limitarsi a vedere solo questi errori scordandosi di tutto il resto è vedere il dito e non la luna.