Prima contestazione: frode sportiva
Secondo la ricostruzione del PM, vi fu un reato di frode sportiva a formazione progressiva iniziato durante la gara di andata tra Siena e Albinoleffe al termine della quale un collaboratore di Conte, Cristian Stellini, mandò i suoi calciatori Carobbio e Terzi (del Siena) a trattare con Garlini e Bombardini (dell’Albinoleffe) concordando che – in occasione della gara di ritorno (ultima giornata di campionato) – la squadra che meno avesse necessitato di punti in classifica avrebbe fatto vincere l’altra. A meno che anche in occasione della gara d’andata (vinta dal Siena) non vi fosse già un accordo illecito (con i tre punti da restituire automaticamente al ritorno), perciò, si trattava di un patto “cautelativo” (illecito) compiuto dal Siena su delega e iniziativa di Stellini con una società disponibile per tutelare potenzialmente la posizione di entrambe.
Conte non partecipò a tale accordo, essendo stata un’iniziativa del solo Stellini (come riferisce anche Carobbio). Conclude quindi il GUP come “Ne discende che non è ravvisabile, in questa fase iniziale, una condotta “commissiva” da parte egli imputati alla conclusione del primo accordo di reciproca utilità siglato all’esito della partita di andata del campionato fra le due squadre”.
Man mano che si avvicinò la data (29/05/2011) della gara di ritorno, sempre secondo la ricostruzione dei PM, vi furono diversi momenti in cui Conte – venuto a conoscenza dell’accordo – chiese alla squadra cosa avesse intenzione di fare. Il primo avvenne prima di Ascoli-Siena (del 13/05/2011), quando il calciatore Mastronunzio – secondo Carobbio – si oppose poiché chiese, da ex calciatore dell’Ascoli, di far vincere a quel punto anche l’Ascoli. Conte, allora, secondo Carobbio, lo escluse dalla rosa (effettivamente avvenne) per “proteggere” l’accordo con l’Albinoleffe commettendo, in teoria, un atto commissivo esplicito. Rileva il GUP, però, come non solo la tesi di Carobbio non sia stata confermata da Coppola, ma sia stata pure smentita dallo stesso Mastronunzio e quindi, in mancanza di riscontri da parte del PM, si deve credere alle tesi difensive di Conte (problemi fisici, problemi professionali).
Proseguendo, il secondo momento avvenne cronologicamente dopo la conquista della promozione contro il Torino e prima della gara con l’Ascoli, quando – secondo Coppola – si tenne una riunione tecnica nella quale alcuni calciatori dissero di voler puntare all’obiettivo primo posto per portare a casa il “premio promozione” concordato a inizio anno con la Società, mentre altri erano favorevoli a rispettare il patto (di Stellini) con l’Albinoleffe. Conte avrebbe lasciato fare ai giocatori.
Secondo il GUP, “i riferimenti prospettati fin qui dalla Pubblica Accusa non forniscono sufficienti indicazioni per individuare elementi per attribuire una condotta ancora commissiva a carico degli odierni imputati. Le valutazioni sopra espresse (…), sono idonee a far emergere la conoscenza dell’accordo/dell’impegno preso da altri – nei confronti dell’Albinoleffe – all’interno della squadra, senza indicare alcun contributo causale commissivo in grado di incidere sull’accordo stesso”. Tradotto: niente partecipazione attiva di Conte all’illecito, mero “spettatore”.
Il terzo momento avvenne – secondo i PM – probabilmente il giorno prima della partita “concordata” quando ci fu un incontro tra alcuni calciatori delle due squadre (Poloni, Passoli, Garlini e Sala dell’Albinoleffe si recarono presso l’albergo che ospitava il Siena e incontrarono nel parcheggio Coppola, Carobbio e Terzi) e venne presa la decisione di rispettare il primo accordo. Secondo Carobbio – il via libera definitivo avvenne qualche giorno prima in occasione di una riunione tecnica alla quale parteciparono anche Stellini, Conte ed Alessio e nella quale Conte ribadì che lui ci teneva ad arrivare primo ma che, qualora la squadra si fosse ritenuta impegnata dall’accordo con l’Albinoleffe, avrebbe lasciato fare.
Secondo il GUP, però, “non è possibile ritenere che la coppia Conte – Alessio avessero aderito all’accordo criminoso, apportandovi un proprio concreto contributo causale: è unicamente, stando alle dichiarazioni di Carobbio- Coppola – un atteggiamento connivente, ovvero di sostanziale indifferenza (laissez-faire) sull’esito sportivo del singolo evento”.
Insomma: l’accordo fu preso all’andata, Conte non ne fu promotore e non risultò decisivo nel convincere se stesso o altri a compiere l’illecito (anzi, voleva vincere!), ma al limite gli si può contestare un comportamento omissivo, ovvero il fatto che potesse solamente “impedire” un accordo già preso. Da tutto questo, il GUP deduce che “il benestare ipotizzato dal Pm non può che tradursi, in questa sede, che in un atteggiamento di mera connivenza o al più in un’azione omissiva, individuabile in quel mancato intervento di richiamo al doveri relativi al corretto comportamento sportivo”.
Seconda contestazione: omessa denuncia.
Si passa così alla contestazione alternativa del PM: non più frode sportiva con comportamento commissivo (attivo) di Conte, ma violazione dell’art. 40 cpv cp (in pratica “omessa denuncia”, sanzionabile in quanto sull’allenatore ricadessero compiti di vigilanza e garanzia nei confronti dei propri calciatori).
E’ lo stesso PM che individua i due comportamenti che Conte avrebbe dovuto tenere per non commettere tale reato:
- denunciare l’ipotesi di “combine” alla Procura Federale e alla Autorità Giudiziaria (in quanto reato già “consumato”)
- estromettere dalla formazione i giocatori che intendevano alterare l’esito della partita.
Sulla prima contestazione, il GUP rileva come “trattarsi di una condotta per omessa denuncia che esula dal contesto di cui all’art. 40 cpv cp”. E’ un comportamento eventualmente sanzionabile a livello sportivo, insomma, ma non penale (le situazioni in cui è obbligatorio denunciare sono “tipiche”, ovvero esplicitamente espresse dalla legge, e questa non vi rientra). “Ne consegue, in maniera evidente, che l’allenatore e tanto meno il vice allenatore di una squadra di calcio, che non ricoprono anche un ruolo di organo di disciplina, non sono obbligati alla comunicazione dell’eventuale notizia di reato di una frode sportiva all’Autorità Giudiziaria”.
Sulla seconda, “ritiene questo Ufficio che sussista un difetto di prova”. In riferimento alla possibilità di panchinare i giocatori coinvolti nella combine, si deve partire infatti dal considerare che l’unico evento “certo” (riscontrato da alcuni partecipanti) fu quello in cui alcuni calciatori del Siena concordarono con quelli dell’Albinoleffe le modalità della gestione della gara di ritorno nell’incontro al Park Hotel nel ritiro del Siena e “Non vi è prova che dopo questo incontro, utilizzato anche per definire nei particolari le modalità della sconfitta, Conte e Alessio avessero avuto aggiornamenti, ed in particolare su quali giocatori avessero deciso di aderire effettivamente all’ipotesi di combine”.
Inoltre, “numerosi testimoni (essendo tali in quanto mai indagati) negano che all’interno di una riunione tecnica pre-partita si sia mai parlato di un accordo di combine, ed in particolare in riferimento alla partita in contestazione”.
Nessuna prova, perciò. E nelle uniche occasioni certe in cui venne concordato l’illecito (all’andata e presso il Park Hotel), Conte non fu presente e non vi sono riscontri che sapesse.
Da qui, l’assoluzione per non aver commesso il fatto.