Permettetemi di cominciare citando l’ex fantasista delle giovanili bianconere Luigi Consonni (chiesto per lui 1 anno di squalifica), accusato de relato e senza prove. Ma anche Achille Coser (chiesti 3 anni per lui), tirato in mezzo da Gervasoni, Ruopolo e Carobbio le cui versioni però sono risulate discordanti. Oppure Maurizio Sarri (1 anno), accusato de relato anche lui. E, infine, il già trattato (link) Rijat Shala, il cui nome è stato addirittura “suggerito” dagli inquirenti a Gervasoni (3 anni e 6 mesi chiesti da Palazzi, per la cronaca). Parliamo di gente che è stata prosciolta da ogni accusa e che quindi, dopo la l’infamia subita a mezzo stampa, meriterebbe quantomeno questo piccolo riconoscimento.
Piuttosto che addentrarmi nei singoli casi, che potrebbero anche non interessare molti di voi, vorrei invece condividere alcune riflessioni generali perchè sia bene chiaro a tutti che tipo di strumenti abbia a disposizione la giustizia sportiva e quanto facile sia finire in mezzo come i soggetti appena citati.
La cosa che più impressiona leggendo le 80 pagine del Comunicato n.101/CDN del 18.06.2012 (link) contenente le sentenze sportive di primo grado relative all’indagine in corso presso la procura di Cremona (n. 3628/2010 R.G.N.R.) sul calcioscommesse, è quanto sia stato premiante collaborare con gli uomini di Palazzi (oltre che con i Pm, ma non affronterò quest’aspetto ora). Secondo il CGS artt. 23 e 24, è infatti possibile accordarsi con la Procura federale prima che termini la fase dibattimentale di primo grado per chiedere all’organo giudicante (la Disciplinare) l’applicazione di una sanzione ridotta indicandone la specie e la misura: ne hanno fatto richiesta (tradotto: hanno patteggiato dopo aver ammesso le proprie responsabilità e collaborato fornendo nomi), tra i tanti, anche Filippo Carobbio, Carlo Gervasoni e Kewullay Conteh (per loro venti mesi di squalifica accettati), mentre – per restare ai componenti stabili del gruppo – Paolo Acerbis e Joelson hanno visto la propria posizione stralciata essendo stati colpiti da misura cautelare limitativa della libertà e non essendo quindi in grado di esercitare il proprio diritto di difesa. Nei loro confronti, la Disciplinare ha accettato le “auto-richieste di condanna” e il procedimento si è concluso con quest’accordo, senza nemmeno entrare nella fase dibattimentale. Non solo: sono state respinte anche tutte le richieste provenienti dai legali degli altri deferiti (quelli da loro tirati in ballo) di poter procedere a loro escussione (interrogatorio) ed è stata in generale esclusa qualsiasi prova testimoniale. Insomma: chi se l’è cantata non ha nemmeno dovuto sostenere le proprie tesi dinanzi agli avvocati, poiché dice la Disciplinare che solo lei è investita del potere di giudicare sia loro che le loro dichiarazioni (cfr: Ordinanza n. 5).
C’è un altro aspetto, inoltre, contro il quale i deferiti hanno dovuto battersi: come spiega la stessa Disciplinare, “Nel processo penale, fondato sul sistema accusatorio, la prova si forma nel dibattimento. Al contrario nel procedimento sportivo ha valore pieno di prova quanto acquisito nella fase delle indagini o prima ancora dell’apertura di esse o da indagini svolte in altro tipo di procedimento (ad esempio, atti inviati dall’A.G.). Non può essere reclamata, pertanto, l’applicazione al presente procedimento delle norme previste dal libro terzo del codice di procedura penale. Il principio del contraddittorio si realizza nel rispetto delle forme previste dal CGS e non in base al codice di procedura penale che regola posizioni e diritti di tutt’altra natura e rilevanza”. E’ inoltre “sufficiente un grado di certezza inferiore ottenuto sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti” e per questo “Gli elementi essenziali della violazione prevista dall’art. 9 CGS (associazione finalizzata alla commissione di illeciti, ndr) sono diversi da quelli richiesti per realizzare le fattispecie previste dagli articoli 415 e 415 bis c.p (che poi sono il 416 e 416b is, ad essere “pignoli”, ndr)”.
A fronte di tutto ciò, c’è chi ha dovuto difendersi (magari nei prossimi articoli tratterò qualche episodio limite) o si difenderà (perchè siamo al primo filone di due e mancano “le carte” di Napoli e Bari, ancora) dalle accuse rivolte da questi soggetti, nonostante le limitazioni previste dall’ordinamento sportivo ma ci sono pure societòà – e questo è francamente intollerabile – ci che non hanno neanche potuto farlo perchè ritenute responsabili “oggettive”. Nel caso di Carobbio, ad esempio, Albinoleffe, Siena e SPEZIA sono state condannate per il solo fatto che l’ex loro calciatore (nel caso dello Spezia addirittura neanche quando giocava per loro) ha commesso degli illeciti, anche se in certi casi a loro danno. Stessa cosa per Novara e SAMPDORIA, responsabili oggettive dei comportamenti del Bertani (per fatti compiuti quando non era alla Sampdoria). Dice la disciplinare: “la partecipazione alla associazione (ex art. 9 CGS, ritenuta certa per entrambi, ndr) prescinde dalla commissione di singoli illeciti ed è strettamente collegata all’esistenza dell’associazione stessa e che non sono stati dedotti o comunque acquisiti elementi idonei a dimostrare che essa non abbia continuato a operare anche successivamente ai fatti oggetto del presente procedimento. D’altra parte, non risulta alcun elemento che possa far ritener provata la definitiva fuoriuscita dei deferiti dall’associazione”. Insomma: non è provato abbiano smesso cambiando squadra, a prescindere che non ci siano partite contestate con la nuova casacca. Il che francamente si commenta da solo e rende l’idea di come davvero sia impossibile difendersi, in queste circostanze.
L’unica parziale salvezza per i club è costituita proprio dalla “collaborazione” dei deferiti: come “premio”, infatti, è previsto dall’ordinamento uno sconto non solo per il tesserato, ma anche per la propria società di appartenenza responsabile anche solo oggettiva. Il che, a conti fatti, rende paradossalmente “preferibile” per queste ultime che il deferito da loro tesserato ammetta le colpe, anche se innocente, piuttosto che si dichiari innocente magari venendo condannato.
Fate voi.
Per carità, l’indagine sicuramente è in grandissima parte un successo poichè è stato svelato un mondo, quello delle “sotto-scommesse”, che esiste ed è anche diffuso. Si tratta per lo più di “pentiti”, che ammettono le proprie colpe e tirano in ballo gli altri coinvolti: più che un’indagine vera e propria con intercettazioni, appostamenti e riscontri oggettivi, si fa molto affidamento quindi proprio alla credibilità di tali soggetti. Ciò ha permesso di arrivare a numerose condanne (anche se in realtà non troppo dure, con i patteggiamenti che addirittura appaiono per molti e si dice per la stessa FIGC inaccettabili) e quindi oggettivamente qualcosa da “festeggiare” per la procura di sarebbe pure. Quando si ricorre a tali metodi, però, è facile – come visto – che resti coinvolta gente che non dovrebbe (qualcuno già assolto c’è, come citato all’inizio, e altri ancora lo saranno probabilmente nei prossimi gradi di giudizio) ed è a loro che, come sempre, si dovrebbero rivolgere le maggiori attenzioni.
Seguiranno approfondimenti.
P.S.
Colgo l’accasione per ricodare che questo primo filone non coinvolge “i nostri”. Di più: ad oggi, nessun tesserato della Juventus Fc (nè la società stessa) è stato deferito dalla procura federale. Prima di discutere di possibili “rischi” ipotizzando scenari e basandoli magari su quanto emerso finora da queste prime sentenze, perciò, sarebbe più corretto aspettare prima la procura, che continua a tacere ma che probabilmente sarà “costretta” a prendere posizione a breve. Inutile (qui) esporsi prima: lo faremo, e tanto, dopo.