Giudicare le prestazioni viste finora dai bianconeri è una delle cose più difficili da quando scrivo e parlo di Juve.
Lo è per tanti motivi. La prima, ovvia: non conosciamo Pirlo. Non lo conoscono nemmeno i suoi giocatori, ancora. La seconda: non abbiamo uno storico dell’allenatore che possa guidarci. Non sappiamo se sia bravo o no (ed è sbagliato sia dare per scontato che lo sia per forza in quanto ex fuoriclasse, sia che non lo possa essere in quanto “raccomandato”).
Non sappiamo se abbia buone idee o no. E soprattutto se sappia metterle in pratica o no (che è uno step successivo, più difficile del primo, e segna la differenza tra un buon analista o un buon tattico ed un buon allenatore).
Non sappiamo quanto ci mettano in media le sue squadre per apprendere la sua idea di calcio. Persino l’anno scorso, vero anno zero di una rivoluzione poi finita male, sapevamo esattamente cosa aspettarci e sapevamo in qualsiasi momento, vedendo le partite, cosa stesse funzionando e cosa no rispetto a quello che avevamo visto in passato e che sapevamo fossero pensiero e capacità dell’allenatore.
Quest’anno siamo dinanzi ad un pacco Amazon con dentro un articolo senza recensioni. Certo, è Amazon, tendi a fidarti. Ma magari ti è capitato l’unico articolo ciofeca tra tutti quelli acquistabili, oppure hai scoperto un piccolo gioiellino ancora sconosciuto alla massa: a me sono capitate entrambe le cose ed è quello che può succederti se compri “al buio”.
Oltre a queste difficoltà intrinseche nella scelta di un esordiente, inoltre, si aggiungono altri aspetti che rendono difficili i primi giudizi. Ad esempio quelli emotivi: tanta gente, anche se non lo ammette, vede in Pirlo un “salvatore”, colui che ha liberato la Juve dal “Male”. Probabilmente lo pensano anche alcuni giocatori e la proprietà. Altri, rivedono in lui l’idolo ammirato per tanti anni in bianconero e in Nazionale e non possono non provare quella simpatia che si prova per un ex bianconero (io mi sciolgo ancora nel vedere Tudor che in allenamento azzoppa Scirea, figuriamoci Pirlo!). Alcuni, invece, scottati dall’esonero di Sarri, non hanno preso bene la scelta di un ex giocatore amico dei veterani (che hanno contribuito secondo le ricostruzioni a cacciare Sarri) o hanno trovato folle la scelta di affidare la squadra ad un esordiente e, per questo, non gli perdonano nulla dal primo giorno.
Comunque la si viva emotivamente, ed è soggettivo, non si dovrebbe abbassare l’asticella di ciò che ci si deve aspettare da questo gruppo, ovvero vincere. Possibilmente tutto. È l’obiettivo che ha fissato Andrea Agnelli quando ha definito insoddisfacente la scorsa stagione in termini di risultati.
Con un’asticella così in alto, perciò, si è – anche cancellando ogni emozione (ammesso sia possibile) – dinanzi a due necessità: da una parte, sei costretto a considerare l’impellenza di fare subito punti e risultati; dall’altra devi per forza considerare l’assenza di un precampionato, di una vera preparazione e il fatto che un allenatore nuovo abbia per forza bisogno di tempo. Sono scusanti oggettive, vere, delle quali non si può tenere conto in ogni caso anche se siete maldisposti verso questa scelta.
Veniamo al campo. La gara con la Lazio è un perfetto esempio di quanto sia difficile essere equilibrati. Perché la Juve ha sfiorato la vittoria, mostrando un miglioramento rispetto alle altre gare impegnative contro Roma e Barcellona, ma non ha vinto. Ha giocato un ottimo primo tempo e ha costruito complessivamente più della Lazio, ma ha anche sprecato troppo. Ha corso tutto sommato pochi rischi, ma non l’ha fatto con il calcio che vuole fare Pirlo.
Siamo stati compatti, sì, ma bassi. Abbiamo rinunciato a fare il pressing e abbiamo abbassato (di nuovo) l’intensità preferendo la gestione.
Adattarsi agli avversari o al risultato, rimangiandosi le idee sbandierate in ogni conferenza stampa del primo mese, può essere un segno di pragmatismo ed elasticità mentale, ma anche di debolezza.
Può voler dire che non riesci (ancora) a fare quello che vorresti fare e ne sei intelligentemente consapevole. Oppure che quello che vorresti fare non è, con questa rosa, altrettanto efficace di come lo sia un calcio più speculativo e meno rischioso. E chissà se lo sarà mai.
Per non parlare del gol subito da polli al 95’. Segno di immaturità. Ma a sbagliare sono stati Dybala, Cuadrado, Bentancur, Rabiot, Bonucci. Mica Frabotta. A non capire il tempo, il momento e l’importanza di doverla portare a casa a tutti i costi sono loro, gli stessi che hanno un palmares comunque pieno di vittorie e che sanno come si fa. Esoneriamo Pirlo da responsabilità nella gestione degli ultimi 5’ dando la colpa ai giocatori? Ci sta. Però Allegri, che era un allenatore sicuramente più pragmatico di lui, quel gol non l’avrebbe mai preso (parliamo di sensazioni, ovvio: è capitato qualche volta anche a lui), a costo di spogliarsi ed entrare in campo. E Conte, lo avesse subito, avrebbe sequestrato i preservativi ai giocatori per due mesi, altro che stare sopra o sotto! Sono anche loro le asticelle con le quali confrontarsi, se alleni la Juve.
Povero Pirlo, verrebbe da dire. Anche perché il primo anno di Conte fu un disastro (Arezzo) e lo stesso Allegri collezionò diversi esoneri prima di maturare definitivamente come allenatore. A lui, questo tempo, non è concesso.
Spero di aver spiegato le difficoltà oggettive cui ci si trova nel provare ad analizzare quanto sta accadendo. Non è facile e a volte anche all’interno del nostro stesso staff ci troviamo su posizioni diverse (figuriamoci quando poi ci si confronta con voi). C’è e ci sarà per un po’, accettiamolo, questo metro di giudizio un po’ sballato. In queste situazioni, l’unico rifugio può essere l’analisi degli errori visti in campo e di ciò che ancora dobbiamo migliorare, a prescindere da tutto, per poter raggiungere gli obiettivi societari che erano e restano le vittorie. Ed è quello che, come AterAlbus, stiamo provando e proveremo come sempre a fare al di là di giudizi che, mai come in questo caso, sono soggettivi e terranno necessariamente conto delle tante anomalie elencate finora. E sui quali ognuno può formarsi giustamente la propria idea, anche diversa dalla nostra, senza che sia necessariamente o tutto bianco, o tutto nero.
Non ancora.