Da quando su Juventibus abbiamo inaugurato l’hashtag #jvtblive per vivere assieme le partite della Juve – ormai sono passati quasi tre anni – ho scelto di non commentare a caldo le decisioni arbitrali e molto raramente ho evidenziato a fine partita i torti subiti. Ogni tanto, quando saluto e ringrazio per la compagnia con un sunto di 140 caratteri sulla gara, qualcuno mi fa notare l’assenza di riferimenti ad errori e danneggiamenti vari e se la prende pure. Come se non bastasse, poi, non commento mai le designazioni e non riporto mai le statistiche (inutili) di un arbitro con la Juve, anzi mi annoiano pure abbastanza. Dice: lo fai per fare lo snob? No, non in questo caso almeno. Non è moda nè un tentativo di emulare il fantomatico stile Juve (che non esiste). Ci sono tre ordini di ragioni alla base della mia scelta.
1) La prima è che lo trovo del tutto inutile a livello pratico: le partite non ce le fanno rigiocare comunque e il più delle volte si rischia pure, ne ho già scritto in passato, di indispettire arbitri e classe arbitrale senza vantaggi ma con potenziali svantaggi.
2) La seconda è che la mente di un tifoso, giocatore, allenatore e dirigente con “mentalità vincente” dovrebbe escludere di netto, nelle analisi critiche delle partite, tutto ciò che non dipenda da se stessi, da errori individuali o collettivi. Non perché l’arbitro non conti (conta eccome, non sto dicendo questo!) (non è snobismo, dicevo), ma perché ha senso rivedere solamente le cose che puoi migliorare tu. Si migliora non se si fa la micromoviola perfetta, ma se si individuano per ogni azione, anche quelle viziate da presunti errori arbitrali, gli errori tuoi. Il calcio, così come qualsiasi altro sport, è capire gli sbagli e lavorare per limitarli (la perfezione non esiste). E’ capire come fare per non ritrovarsi nella stessa situazione in seguito, o per reagire meglio. E’ studiare come comportarsi dopo che si commette un errore (che prima o poi capita). Che un fischio fosse corretto o meno è, per fare questo, è del tutto irrilevante. Incide sulla gara, certo, ma non dovrebbe incidere nelle analisi propositive e dovrebbe anzi essere a prescindere mentalmente “eliminato” per preparare al meglio la gara successiva liberi da retropensieri, pregiudizi e possibili scuse.
3) Il terzo motivo è perché spesso, anche senza volerlo, si finisce in un circuito vizioso di pianti e lamenti che offuscano la mente e non fanno vedere le varie situazioni con la necessaria lucidità. Un esempio? Durante la diretta mi sono alzato in piedi, in occasione del 2-0, vedendo Bonucci a terra. Imprecazioni, urla e insulti moltiplicatisi dopo aver letto tweet di altri juventini che come me gridavano al fallo e all’irregolarità .Oggi, dopo averci dormito e dopo aver letto diversi pareri, mi sono convinto invece non fosse fallo di Lewandowski ma un blocco (per definizione irregolare) di Bonucci che poi viene travolto dal polacco (e lì o fischi il blocco, che nel calcio non si può fare, o – come fatto dall’inglese Atkinson – fai correre all’inglese dando vantaggio e non punendo nessuno).
(Bonucci si sposta lateralmente per impedire la corsa di Lewandowski)
Avessi twittato ieri sera a caldo sull’arbitro, avrei rischiato di scrivere una mezza fesseria, inutile e per di più sbagliata. Poi, per carità, io sono un tipo estremamente pratico e selettivo, ma non pretendo di essere da modello per nessuno e ognuno viva il calcio come meglio crede. Il mio è nel trovare quasi maniacalmente l’errore, per non ricommetterlo. Quello di Evra, ad esempio, che è andato correttamente a chiudere su Muller ma, quando Lewandowski ha allargato per Robben, si è “dimenticato” dell’inferiorità numerica e invece di andarci lui, sull’olandese, è restato per errore su Muller forzando Barzagli a “leggere” la sua scelta e ad andarci lui su Robben, con inevitabile ritardo. Da lì lo spazio eccessivo che ha permesso al fuoriclasse del Bayern di segnare “il suo gol”. Cose concrete, analisi degli errori. Da trasformare magari, al prossimo allenamento, in un ripasso e relativo esercizio specifico sulle situazioni di inferiorità numerica in difesa (che possono capitare, a prescindere dal motivo).